LA PRIMA PARTITA IN CASA DEGLI AZZURRI SARÀ CONTRO LA MATRICOLA DELLA B
Quelli dell’AlbinoLeffe, uniti per forza
Non sono solo la strada provinciale 35, il fiume Serio, dodici chilometri e la rivalità tessile a dividere Albino, 17mila abitanti a nord di Bergamo, e Leffe, 5mila abitanti, affossate nella stessa valle. Le divide l’unione, avvenuta nel 1998, tra le loro due squadre di calcio. Nonostante l’AlbinoLeffe, con le maiuscole rigorosamente imposte per distinguere i due paesi, sia arrivata in serie B in cinque stagioni.
Niente da fare. L’unione ha fatto la forza della promozione, ma il matrimonio che non s’aveva da fare ed è stato fatto è fonte solo di rivalità e litigi. Perché quelli di Albino sono dei «facic», dei falliti, come dicono a Leffe, e quelli di Leffe sono solo dei «coertì», fabbricatori di coperte, come dicono ad Albino. Se vogliamo parlare di pallone, Albino è meno di zero, dicono a Leffe, con un solo campionato giocato in serie C, e Leffe, invece, con otto campionati rivendica una «gloriosa tradizione», vantando i primi calci di Beppe Signori e di Pippo Inzaghi al campo Martinelli, una tribuna sola e, di fronte, il torrente dove finiscono i palloni.
E poi Leffe può contare su 400 tifosi e Albino appena una cinquantina. Ma Albino replica sbandierando il suo spirito olimpico perché ha fatto faville nello sci alpino con Ivano Camozzi e nel ciclismo con Mario Noris. E sbandiera soprattutto l’onore degli Honegger e degli Albino, famiglie storiche e tessili del paese, che confezionano in esclusiva le camicie di Carlo d’Inghilterra.
Quando le due squadre erano divise e giocavano in C2, l’ultimo derby della valle è stato un macello con lanci di bottiglie e oggetti vari e il supremo sfregio fatto dai leffesi agli albinesi ai quali sottrassero uno striscione senza più restituirlo, versione valligiana della secchia rapita. L’unica cosa che pacificò i capuleti e i montecchi della Val Seriana fu il risultato di parità dell’incontro. Dalle magnifiche diatribe tra Albino e Leffe resta estraneo l’unico straniero della squadra fusa, il dominicano José Espinal, che però ha imparato presto il dialetto della Val Seriana e si diverte un mondo nelle dispute tra i guelfi di Leffe e i ghibellini di Albino.
Nonostante l’evidenza contraria il sindaco leghista di Albino, Mario Cugini, e il sindaco di Leffe, Giovanni Pezzoli, hanno proclamato: «Il calcio è l’unica cosa che unisce i due comuni». Figurarsi il resto. Il fatto è che la fusione è servita a salvare la sopravvivenza dei due club. Da soli sarebbero scomparsi dalla scena, non avrebbero trovato i due milioni di euro che è costata la promozione, non sarebbero riusciti a pagare gli stipendi dei giocatori, 50mila euro di media.
Ha messo d’accordo il disaccordo totale delle due schiere l’imprenditore del settore della plastica Gianfranco Andreoletti, 49 anni, il presidente della fusione. Ma la promozione in serie B non è stata neanche una festa nei due paesi: poche bandiere, nessuna banda, un solo brindisi e lo striscione degli abitanti del palazzo che ospita la sede dell’AlbinoLeffe: «Complimenti dal condominio».
Arrendendosi alle dispute in famiglia, il sindaco di Leffe ha tagliato corto e ha proposto una squadra più grande, di tutta la valle, la Val Seriana Calcio, per la totale globalizzazione bergamasca. Intanto lo stadio dell’AlbinoLeffe è quello di Bergamo, visto che se c’è una cosa che unisce i due paesi è il tifo per l’Atalanta.
MIMMO CARRATELLI
[LETTO A "IL MATTINO"(EDIZIONE AVELLINO) 02.08.2003]